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Journal

07/11/2018

Fatte per essere lette

di Danio Miserocchi

Fatte per essere lette

Quando vedo un film western, apprezzo le abilità del personaggio che  legge le tracce del passaggio di un gruppo di cavalli, di cui uno magari zoppo, di quanto tempo fa è stato acceso un falò da campo ed altre informazioni, dai segni lasciati nella prateria, ed esclama, con lo sguardo obliquo di chi la sa veramente lunga, qualcosa del tipo: “sono di stamattina.”

Queste abilità, latenti o proprio inespresse, le possiamo sviluppare un po’ tutti con la dovuta esperienza, e con la dovuta pratica in natura,

La maggior parte degli animali si nasconde ai nostri occhi, e ne ha ben donde.

Può far sorridere pensare ad una lunga pratica sulle cacche, o meglio, le deiezioni animali, ma in effetti la cosa migliore è proprio questa, e di certo non tutti abbiamo a che fare con alci che depositano i loro “regali” nel nostro cortile, ma con un poco di attenzione in più possiamo anche toglierci delle piccole soddisfazioni, e capire maggiormente sia Natura, sia la vita dei nostri antenati pre-agricoli.

Rovesciamo ora la questione: se un cervo trova una fatta di un lupo, vi presta attenzione? Probabilmente con un certo nervosismo, totalmente differente dalla apparente gioia con la quale un lupo si rotolerebbe sulle piccole fatte ovoidali del cervo per assumerne l’odore… sono informazioni molto importanti per la loro sopravvivenza.

I confini del territorio, per molti carnivori, sono fatti… di fatte! Da queste, non solo per loro è chiarissimo chi è passato di lì, ma anche probabilmente il suo stato di salute, il suo status sociale, magari anche il suo umore, e se desidera compagnia.

Che dire delle raffinate comunicazioni delle faine, le quali depositano le loro fatte, ben visibili a dir la verità, in tutti i posti sopraelevati, tanto da colpire l’attenzione anche di quell’animale abbastanza distratto chiamato Homo sapiens? noi, appunto, ma non le sappiamo leggere molto bene.

Possiamo avere un accesso più limitato, ma anche solo comprendere parte della dieta di quel mammifero, è entrare un poco nel suo mondo, tramite tracce che difficilmente può nascondere.

I pipistrelli, ad esempio, si cercano nascondigli talmente sicuri, come tronchi d’albero, nel caso della nottola, ma anche antiche chiese, per i “ferri di cavallo” (genere Rhinolophus, prendono il nome dalla forma del naso) che non hanno necessità di nascondere i friabili segni della loro presenza, composti da parti chitinose di insetti.

Finché ci sono alberi, tutto bene, si spera nella clemenza dei parroci nell’altro caso.

Con quei dinosauri che chiamiamo uccelli, la questione è differente, e dobbiamo, almeno nelle nostre zone, considerare che la sostanza bianca è urea, quindi si tratta di qualcosa di differente, non esattamente masticato a causa dell’assenza di denti, ma triturato da ciottoli nello stomaco trituratore.

Anche nei parchi delle città più malfamate, piccoli dinosauri dai piedi palmati si aggirano scodinzolando e depositando a spruzzo tracce del proprio passaggio, mentre tra i cespugli e negli orti, molluschi dalla conchiglia a strisce non lasciano solo la bava e morsi alle sostanze vegetali.

Il mondo ora ci appare popolato da stomaci che camminano, che ruminano, che tritano, e da ghiandole che lasciano segnali per nasi diversi dai nostri.

Magari, non solo per i nasi: in Giappone, da almeno mille anni le deiezioni del locale usignolo (simile al nostro usignolo di fiume, che usignolo non è) sono utilizzati come cosmetico per depurare la pelle di tutto il viso e come struccante.

Beh, se proprio non vi ho convinto, lasciamo che gli scarabei stercorari facciano il loro utile lavoro, ed accontentiamoci di osservare.

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