Secondo il dizionario italiano, l'erpetofobia è la paura morbosa dei rettili, in particolar modo dei serpenti. Anche chi non ne è affetto non può fare a meno, istintivamente, di mettersi sul chi vive quando avvista un serpente. Non appena vediamo un'innocua biscia d'acqua o un biacco, il nostro cervello si mette in allarme e siamo subito portati a pensare: "E se fosse velenoso? Teniamoci alla larga!". Poi, per fortuna, subentrano la razionalità e la curiosità. Questa equazione (peraltro parzialmente errata) serpente=veleno=pericolo si è sviluppata nei nostri avi, alle origini della nostra specie; la paura dei serpenti li ha aiutati a restare in vita nelle praterie africane, in posti popolati da boomslang, mamba e cobra. Le lucertole, invece, non ci fanno paura: il nostro cervello non registra il segnale "Pericolo".
E se invece i nostri avi fossero comparsi in Nordamerica? Probabilmente avrebbero imparato a tenersi alla larga anche dalle lucertole, soprattutto se fossero vissuti nel deserto degli Stati Uniti sudoccidentali. Lì, infatti, vive il cosiddetto "mostro di Gila", altrimenti noto come eloderma sospetto. Nomi certamente inquietanti, che non fanno presagire nulla di buono. L'eloderma sospetto, infatti, insieme al suo stretto parente eloderma orrido (ahi ahi, un altro nome poco simpatico), è l'unica specie di lucertola davvero velenosa. Anche l'aspetto dell'eloderma non invita certo alla tenerezza: assomiglia a una tozza lucertola, lunga circa mezzo metro, con un corpo grassoccio, una testa smussata e una coda corta. Il corpo è ricoperto da squame simili a perline, che vanno a comporre un disegno variegato nero e giallo acceso.
L'eloderma sospetto è dotato di ghiandole salivari modificate che producono veleno, presenti nella mandibola. Questo veleno viene poi iniettato grazie a delle scanalature speciali presenti nei denti inferiori, lungo le quali scorre questa speciale "saliva". In realtà, il veleno dell'eloderma non ha una funzione predatoria: il nostro "mostro" lo utilizza infatti come arma di difesa, mordendo l'aggressore con forza e non mollando la presa per iniettare il veleno abbastanza in profondità. Allo stesso modo, le macchie vivacemente colorate del corpo dell'eloderma avvertono i potenziali predatori di un pericolo, una sorta di cartellone vivente con scritto "Statemi alla larga!".
Nella stagione secca l'eloderma sospetto passa la maggior parte del tempo riposando sotto le rocce o in tane sotterranee, e solo raramente, verso il mattino di buon'ora, lo si può vedere attivo. Nei periodi più umidi il mostro di Gila è a passeggio anche durante la notte o subito dopo un temporale, magari a caccia di uova di altri rettili o di uccelli, di cui è ghiotto. Insomma, ghiotto è una parola grossa: si stima che l'eloderma si nutra in media tra le cinque e le dieci volte in un anno... non proprio una buona forchetta! In ogni caso, quando il "mostro" decide che è arrivato il momento, non si tira certo indietro: a ogni pasto, un individuo può ingurgitare anche prede corrispondenti a un terzo della sua massa corporea.
Il veleno dell'eloderma sospetto è un bel mix di peptidi e causa un dolore fortissimo quando si viene morsi, ma non è letale per un uomo adulto in buone condizioni di salute. La saliva del nostro "mostro" è molto simile, in quanto a tossicità, a quello del terribile serpente corallo, ma viene iniettato in quantità molto minori. Alcune di queste tossine sono potenzialmente letali e, testate su topi in laboratorio, causano emorragia degli organi interni, letargia, paralisi e ipotermia.
Tuttavia, come dice il vecchio detto, non tutto il male vien per nuocere. E' stato infatti dimostrato che una di queste tossine, la cosiddetta "elodermina", inibisce la crescita di cancro ai polmoni. Nel 2005, inoltre, la Food and Drug Administration ha approvato un farmaco per il trattamento del diabete, la exenatide, che è una versione sintetica di una proteina presente nella saliva dell'eloderma, chiamata exendin-4.
Nella saliva dell'eloderma è poi presente anche una sostanza che influenza la memoria, e alcune compagnie farmaceutiche stanno cercando di sfruttarla per aiutare la perdita di memoria in varie malattie come il morbo di Alzheimer, la schizofrenia e il disturbo dell'attenzione: si è visto che il cosiddetto "gilatide", anch'esso derivato dall'exendin-4, sviluppa incredibilmente la memoria nei topi in laboratorio, e sarà sicuramente studiato per aiutare i malati di Alzheimer.
Infine, nel 2015 un team dell'università di Aarhus ha annunciato di aver scoperto ben 19 nuove proteine nella saliva dell'eloderma, sconosciute in precedenza. Gli studi diranno se potranno essere utili nella preparazione di nuovi farmaci, ma il precedente dell'exendin-4 fa ben sperare.
Mai come in questo caso, il modo di dire "più utile che bello" calza a pennello all'eloderma sospetto: un povero "mostro" bistrattato dai cowboys dell'Arizona ma utilissimo nella ricerca farmaceutica.